sabato 21 giugno 2014

GRAVISSIMA OMISSIONE DI SOCCORSO AL POLICLINICO DI BARI

Sono Paola ,ho 35 anni e vivo in provincia di Brindisi, il 28/02 scorso ho dovuto interrompere la mia prima gravidanza alla 22 settimana poiché il mio bambino (fortemente voluto) aveva delle terribili malformazioni...la mia ginecologa ( obiettore di coscenza) mi organizza il ricovero al policlinico di Bari, dicendo che in ospedale a Brindisi , dove lei presta servizio,non è possibile fare un intervento del genere poiché tutto il personale è contro l'aborto...il 27/02 mi reco a Bari dove,da subito, noto una freddezza totale nei miei confronti,nonostante io fossi visibilmente provata e distrutta... dopo la solita prassi per il ricovero mi assegnano la stanza , tra l'altro nello stesso reparto dove tante altre donne più fortunate di me partorivano tranquillamente i loro figli,quindi un via vai di parenti,amici, fiori,sorrisi,feste e tanta gioia....io ero nella stanza con un'altra ragazza che aveva invece avuto la mia stessa sorte,la quale mi spiega da subito che lì, noi due, saremmo state ignorate da tutto il personale del reparto per quello che ci accingevamo a fare..inizialmente non ho dato molta importanza a quello che mi era stato detto, ero troppo presa dal mio dolore..ma quando entra in camera il primo giro visita della mattina e vedo un 'intera equipe di medici girare i tacchi dopo aver sentito il perché del mio ricovero, inizio a pensare che forse quella ragazza non aveva tutti i torti.Solo nella tarda mattinata viene un ginecologo ( l'unico del reparto) non obiettore che mi illustra il trattamento che avrei iniziato il giorno dopo per interrompere la gravidanza. Il 28 mattina alle 8:00 lo stesso medico viene in camera con la prima candeletta vaginale che avrebbe iniziato a stimolare le contrazioni. Mi spiega che ne dovevo mettere una ogni tre ore fino ad un massimo di cinque per quel giorno, la prima fu inserita da lui e poi mi disse che per le altre avrei dovuto provvedere da sola ,poiché lui alle 14:00 avrebbe finito di lavorare e i suoi colleghi ,tutti obiettori,non mu avrebbero dato nessun aiuto. E in effetti fu proprio così...le contrazioni furono da subito molto violente e man mano che la mia condizione peggiorava,mio marito e mia madre andavano su e giù dall'infermeria per chiedere aiuto,visto che addirittura io perdevo conoscenza,vomitavo di contiuno, insomma stavo soffrendo in un modo inaudito...ma invano i miei andavano a chiedere aiuto,nessuno veniva in camera per vedere a come stavo..Dopo 16 lunghissime ore di travaglio, ho partorito il mio bambino in camera,nel mio letto,con il solo aiuto di mia madre,mio marito ed una mia amica...il dottore che quella notte era di servizio,entrò in camera solo dopo l'espulsione del feto, quando ormai io avevo fatto tutto da sola,quando ormai non mi serviva più nessuno.dopo fui portata in sala parto,dove mi fu detto che mi avrebbero tenuta in osservazione,ib realtà sono stata parcheggiata due ore senza che nessuno mi sfiorasse neanche con lo sguardo. Il giorno dopo , quando ritorno' il ginecologo non obiettore,venne in camera a trovarmi e dopo la visita di routine ritenne opportuno farmi un raschiamento poiche' avevo ancora dei residui di placenta. Io gli raccontai quello che era successo il giorno prima e lui ,a denti stretti,ammise che lì la prassi è quella,che quando lui non è di turno,funziona così!...

venerdì 13 giugno 2014

AL SAN PAOLO DI NAPOLI PICCOLI PASSI IN AVANTI MA ANCORA TANTA STRADA DA FARE

"Nel mese di marzo mia sorella ha dovuto sottoporsi ad un aborto terapeutico. Alla strutturale sono risultate gravi malformazioni al cuore ed all'encefalo, malformazioni incompatibili con la vita. L'ecografista e la sua ginecologa di riferimento le hanno consigliato di sottoporsi ad un'interruzione di gravidanza. E' stata indirizzata molto velocemente verso l'Ospedale San Paolo di Napoli dove lavora un presidio per la Tutela della legge 194 in cui vengono garantite le IVG e gli articoli 6. Anche in questa occasione il dottore Le ha consigliato di espellere il feto perchè non compatibile con la Vita. Mia sorella è profondamente religiosa e questa decisione le è costata molta fatica. Aveva intenzione di portare la gravidanza al termin, magari succederà un miracolo. Ma il dottore glielo ha caldamentte sconsigliato, il miracolo non può succedere e sarebbe ancora più doloroso, magari potresti perdere la possibilità di avere altri figli. Solo a quel punto si è decisa. Avevo letto molte cose sulla legge 194 del 1978, sugli obiettori di coscienza e proprio in quel periodo era giunto agli onori della cronache la storia di una donna che si era sottoposta ad un aborto terapeutico ed era stata abbandonata dal personale sanitario. Per questo motivo ero molto spaventata. Ho contattato Donne e gruppi di donne che da anni combattono per il rispetto della legge 194, ho contattato Associazioni perchè avevo bisogno di sapere quali erano precisamente i diritti di mia sorella, ho contattato l'Ospedale Buzzi di Milano (dove vivo) per capire quali erano le procedure da loro utilizzate, se esistessero dei protocolli in merito. Insomma sono partita per Napoli con informazioni e contatti. Avevamo diritto ad una consulenza psicologica per mia sorella ed il suo compagno. Mia sorella mia aveva chiesto di restare con Lei durante il travaglio e la fase dell'espulsion, ne a veva parlato con il ginecologo Dr Alessandro Resta per telefono e mi aveva rassicurata in merito, potevo rimanere con Lei. Mia sorella voleva dire addio alla sua bambina, guardarla e toccarla. Io non sapevo cosa fosse meglio per lei. All'Ospedale san Paolo la mattina del ricovero abbiamo trovato il Dr. Resta che ha subito provveduto a ricoverare mia sorella e poi Le ha somministrato la pillola Ru486. Abbiamo richiesto la consulenza psicologica e mia sorella con il suo compagno hanno incontrato una psicologa. Il secondo giorno di ricovero dopo la somministrazione di 2 candelette di prostaglandina è avvenuta l'espulsione del feto e la revisione della cavità uterina. Ci hanno dimesso (io sono stata per tutto il tempo insieme a Lei) nella tarda mattinata del terzo giorno. Quali sono le mie sensazioni in merito a questa esperienza. Sono stata molto contenta di poter restare al fianco di mia sorella per tutta la durata del suo ricovero., sono stata con Lei sempre tranne quando è entrata in sala operatoria per la revisione della cavità uterina. Posso dire che da parre del personale sanitario tutto (infermierri e caposala) ho percepito un atteggiamento di giudizio, che mia sorella è stata trattata bene perchè le condizioni della sua bambina non erano compatibili con la vita, pensa a chi lo fa per un piede torto, le è stato detto più volte per consolarla. Mi chiedo come vengano trattate le donne che procedono ad una I V G art. 6 per un piede torto. La comunicazione non rispettava assolutamente la privacy, si parlava di cose e di fatti, si raccontavano esperienze nel bel mezzo del corridoi, tra le persone che pasavano e ti guardavano incuriosite. La comunicazione non era efficace ed anzi spesso era dannosa e contraddittoria, gli infermieri ci raccontavano di donne il cui feto era stato miracolato e della necessità di quell'I V G per mia sorella. Ad un certo punto ho iniziato ad aver paura di quello che poteva dire il personale sanitario. Mai una volta durante il travaglio è entrato in camera un infermier, un'ostetrica per monitorare il dolor, per valutare le perdite ematiche o la dilatazione, dati da rilevare a carico del personale sanitario. Come è possibile che in un Ospedale di un Pasese Civile accada una cosa del genere? Il dolore non dovrebbe sempre essere monitorato in una buona pratica medica ed infermieristica come quinto parametro vitale? Come è possibile che dopo la somministrazione di un farmaco così potente che tra gli effetti collaterali cita rottura del collo dell'utero nessuno si sia preoccupato di valutare le perdite ematiche? E soprattutto nessuno mi abbia detto di fare attenzione a questa variabile? Sono stata io a preoccuparmi di monitorare le perdite ematiche. A ora di pranzo è arrivato il DR. Resta per inserire la seconda candeletta. Solo allora abbiamo saputo che l'utero si stava dilatando. Nessuno ci aveva detto che sarebbe stato così veloce, le previsioni più rosee parlavano di almeno 12 ore. Mia sorella invece ci ha messo poco più di 6 ore. Come è possibiole che nessuno ci abbia aggiornate strada facendo della situazione? Non è preferibile che un paziente sappia a che punto del cammino è, quanto le manca per finire, soprattutto se è così prossimo alla meta? Falla spingere e quando ha finito vienici a chiamare. Non farle alzare il lenzuolo. Mia sorella ha espulso il feto in posizione seduta, con le gambe coperte da un lenzuolo. Ero io a guidarla durante il parto. Come è possibile, mi chiedo, che ci si affidi così tanto all'accompagnatore? E se non è pronto o se non è capace? Non sarebbe opportuno valutare anche le reali capacità del caregiver prendendolo in carico e preparandolo al suo compito? Provo rabbia come donna, come cittadina e come essere umano. Mi chiedo come sia possibile che in questi casi non ci sia un supporto adeguato per la persona che si trova ad affrontare questa situazione e per il suo accompagnatore. Mi chiedo perchè si complichi la situazione (già di per se difficile) con cattive pratiche. Mi chiedo tante cose in merito all'applicazione della 194/78, all'obiezione di coscienza e alla necessità di riformare una legge ormai diventuta obsoleta, viziata e resa poco funzionale da chi è contrario a questa legge. Ma soprattutto mi chiedo perchè una questione che è puramente medica venga inquinata dai pregiudizi e dalle credenze delle person, perchè noi cittadine italiane siamo giudicate e discriminate in base alle nostre decisioni nonostante ci sia una legge che dovrebbe tutelarci, perchè le strutture sanitarie pubbliche, i cui dipendenti vengono pagati con i soldi delle nostre tass, rendano difficile poter usufruire del Diritto della donna di Decidere del Proprio utero."