domenica 22 maggio 2016

UMANITA' TRA GLI OBIETTORI DEL SANT'ANNA DI COMO

Mi ha scritta a inizio mese una donna che presso questo ospedale ha ricevuto una discreta assistenza, anche da parte di personale obiettore. Lei vi ha abortito a inizio Aprile di quest'anno, e mi ha dichiarato, a fine mail, di voler rimanere disponibile a parlare con altre donne che ne abbiano bisogno. Quindi se desiderate ricevere da lei chiarimenti, scrivetemi in posta privata lasciandomi la vostra e-mail, in modo che io possa girargliela. Ho 29 anni e con mio marito avevamo iniziato il percorso di fecondazione assistita - per una oligospermia sua e una traslocazione cromosomica mia - quando resto inaspettatamente incinta naturalmente. Questo evento del tutto improbabile ci ha regalato una botta di ottimismo... Per noi era così difficile il concepimento naturale, che quel bambino doveva essere sano per forza! Altrimenti quale destino crudele ce lo avrebbe mandato per poi togliercelo, quando già eravamo pronti alla strada più difficile? Invece la villocentesi ha evidenziato la trisomia 21, dovuta alla mia traslocazione. C'era una possibilità su 10 che andasse male. Non ce la siamo sentiti di far nascere questo bambino, ancora di più perché conosco bene cosa comporta questa condizione. Mio fratello ha la sindrome di Down e nonostante non immagini la mia vita senza di lui, so che non sarei stata all'altezza. Ho interrotto la gravidanza alla 15+3 settimana all'ospedale Sant'Anna a Como, dove avevo anche fatto la villocentesi. Il giorno stesso in cui abbiamo ritirato i referti, la genetista ci ha organizzato un colloquio con la ginecologa che ci ha spiegato la procedura del travaglio abortivo. Lo stesso giorno ho fatto il colloquio psicologico obbligatorio per questo iter. Abbiamo dovuto aspettare diverse ore per questi colloqui, ma non essendo previsti penso sia giustificabile. La ginecologa è stata piuttosto fredda e per nulla empatica, ma si è impegnata al massimo per permettermi di iniziare la procedura il prima possibile. La psicologa invece è stata molto gentile e mi ha lasciato il suo telefono, nel caso dopo l'intervento avessi avuto bisogno. Ho iniziato con lei un percorso di sostegno di 8 sedute, anche questo sovvenzionato dal SSN. Il giorno successivo ho fatto il prericovero e la mattina ancora dopo sono entrata in ospedale per l'interruzione. Purtroppo viene fatta nel reparto di Ostetricia, dove si sentono e vedono di continuo mamme felici e i loro bambini, ma per lo meno per questi casi viene assegnata una stanza singola. Il primo giorno ho fatto un ciclo di candelette, una ogni 4 ore, che non hanno provocato nessuna contrazione ma solo la rottura delle acque. Il giorno successivo nulla si era mosso, quindi hanno iniziato un ciclo di flebo di 8 ore. Verso sera, al termine del ciclo, ho iniziato ad avere le contrazioni e perdite di sangue piuttosto abbondanti. Il dolore era molto forte, io ho sempre avuto un ciclo molto doloroso quindi non saprei dire se più forti della media o meno. Comunque mi è stato più volte offerto un analgesico, che ho iniziato a prendere a sera tarda e che è continuato fino all'alba. Era morfina, quindi non ho sentito più nessun dolore e sono riuscita a riposare un po'. La mattina alle 7 il feto era sceso in vagina, io non sentivo praticamente nulla ma ho iniziato ad avere molta paura. L'idea di partorirlo nel letto mi terrorizzava. Per fortuna mi ha aiutata la ginecologa, che mi ha coperto le gambe e mi ha chiesto di fare una leggera spinta. Mi ha aiutata tirando, e il feto è scivolato fuori. Nonostante a 15 settimane fosse piccolo (circa 13 cm) l'ho chiaramente sentito uscire da me e da quel momento sono crollata e non ho più smesso di piangere. Immediatamente sono stata portata in sala operatoria, dove - sempre tenendo la zona coperta in modo che non vedessi nulla - hanno tagliato il cordone ombelicale. Hanno aspettato qualche minuto per verificare se la placenta non si staccasse da sola, cosa che non è avvenuta quindi mi hanno sedata per procedere al raschiamento. L'anestesia totale è durata circa 20 minuti, mi sono risvegliata nella sala adiacente a quella operatoria, coperta e pulita. Sono poi stata riportata in camera. Nel pomeriggio mi hanno più volte offerto un analgesico che però non è servito. La mattina successiva sono stata dimessa dopo una visita ginecologica di controllo. Durante tutti i 4 giorni di ricovero sono stata assistita in modo impeccabile e con molto tatto: le ostetriche, infermiere e ginecologhe che ogni 8 ore si alternavano sono state tutte cordiali e professionali, alcune più dolci altre meno, ma questo dipende anche dal carattere di ognuno. Non saprei dire quali di loro fossero obiettori o meno, sicuramente la prima che ha dato avvio alla procedura non lo era, ma anche le altre sono state tutte umane e professionali. Preoccupata, vedendo che la cosa andava per le lunghe, ho anche chiesto delucidazioni e la ginecologa di turno mi ha risposto "Non preoccuparti, io per esempio sono obiettrice, ma l'assistenza per legge tutti la devono fornire, quindi non sarai lasciata sola". Quando è arrivato il momento del parto e ho iniziato a piangere, mi sono stati rivolti sguardi di comprensione, parole d'incoraggiamento e carezze. Il giorno delle dimissioni, il ginecologo che mi ha visitata mi ha consolata in modo quasi paterno e l'ostetrica che lo assisteva mi ha chiesto se volessi fermarmi a fare due chiacchiere. A mio marito è stato concesso di restare con me 24 su 24, nonostante da regolamento non fosse previsto, e un'infermiera gli ha portato una poltrona per dormire un po'. L'unica lamentela che posso avere, è dovuta al fatto che la prima ginecologa che mi aveva spiegato la procedura, mi aveva parlato di 1/2 giorni. Quindi non ero assolutamente preparata a stare così tanto in ospedale, sia dal punto di vista psicologico che organizzativo. Capisco che l'esito di questa procedura sia del tutto soggettiva e che forse la ginecologa l'abbia fatto in buona fede per non spaventarmi, ma avrei preferito essere preparata al peggio. In sintesi consiglio questa struttura a tutte le donne che decidano di fare questo percorso così doloroso. Oltre alle camere singole, la continua assistenza, morfina e analgesici dispensati senza difficoltà (addirittura il primo giorno ho chiesto del Valium e me l'hanno dato subito), l'aspetto umano è fondamentale. Anche solo una carezza in quei momenti fa la differenza.